A cena sulla Place du Tertre

Abito a circa trenta metri dalla Place du Tertre, il quadrilatero più celebre di Parigi, regno di pittori e musicisti di strada, assediato dai venditori di souvenir e preso d’assalto dai turisti. Chi mi conosce, sa che spesso ai rumori della piazza, alla rue Norvins intasata, all’ennesima fisarmonica sotto la finestra che strimpella la colonna sonora del fantastico mondo di Amélie per tutto il pomeriggio, ai turisti che ti si sbattono contro nel tentativo di trovare l’inquadratura perfetta, sono più che insofferente. E, in un periodo di scarsa mobilità, le salite di Montmartre mi dissuadono anche dalla minima passeggiata.

Nonostante gli inconvenienti, tuttavia, il villaggio di Montmartre (attenzione a chiamarlo quartiere, gli abitanti storici potrebbero correggervi) riserva un suo particolare fascino, sconosciuto a chi ci si perde solo per il tempo di trovare il Moulin Rouge. Di notte, nelle strade cala il silenzio, la Basilica diventa quasi spettrale e, sabato scorso, per la prima volta dopo tanti anni a Parigi, ho sentito le campane annunciare la Pasqua a mezzanotte. Lungo la rue Lamarck, che abbraccia il Sacro Cuore, oppure più giù, seguendo la rue Caulaincourt, all’improvviso si aprono squarci d’incanto su tutta la città. Le strade disertate dai turisti nascondono i segreti più belli, come la rue Saint-Vincent, che costeggia i vigneti di Montmartre (sì, c’è un piccolo vigneto e ogni anno si producono circa 300 bottiglie di rosé), ospita alcune delle residenze più belle dell’intera area e cela un giardino selvatico, aperto solo due volte l’anno.

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Per sopravvivere forse alla concentrazione anomala di curiosi e viaggiatori, gli abitanti di Montmartre sono più inclini alla socialità del resto dei parigini, secondo la mia esperienza personale e dopo circa un anno di vita nei quartieri, almeno geograficamente, “alti”. Per preservare l’antico villaggio di un tempo, o salvaguardarne l’atmosfera, ci si saluta per le strade, i commercianti diventano conoscenti, nascono appuntamenti spontanei che diventano piacevoli abitudini, come il rendez-vous dei cani del quartiere, tutti i giorni dalle 18 in poi di fronte al celebre cabaret del Lapin Agile, sulla rue des Saules.

A volte, tra gli stessi parigini, ci si chiede se ci siano persone normali che abitano i dintorni della place du Tertre e se gli appartamenti con le travi a vista e i fiori alle finestre che ammiccano dalle viuzze di Montmartre non siano in realtà costosissime camere disponibili su AirBnb. Ecco perché, per dimostrare che, sì, ci sono normalissimi individui, dalla routine più che ordinaria, domiciliati nei dintorni della piazza, ma soprattutto per farli incontrare, nasce, dalla mente vulcanica di Frédéric Loup, farmacista di Montmartre nonché presidente dell’associazione dei commercianti della collina ai piedi della Basilica, l’iniziativa dei diners des riverains, ovvero la cena tra vicini.

A fare da padroni di casa, i ristoratori della place du Tertre, famigerato quadrilatero dove gli indigeni non osano avvicinarsi o, se proprio devono, lo fanno a occhi bassi e passo svelto (sottoscritta inclusa) per non essere avvicinati dal caricaturista di turno e schivare i selfie stick dei turisti ipnotizzati. “L’idea è quella di rimediare alla brutta reputazione della piazza e dei suoi esercizi commerciali”, spiega Frédéric, “di far sì che gli abitanti del quartiere si riapproprino di un luogo collettivo e, perché no, se hanno voglia di cenare fuori, senza prendere la funicolare, scoprire i tanti ristoranti e trattorie del posto”.

Un aperitivo in farmacia, a saracinesca mezza abbassata, inaugura la prima cena. Imbarazzi, risate, bicchieri di rosato dalle vigne di Montmartre e presentazioni per tutti. La prenotazione al Cadet de Gascogne, il ristorante prescelto per cominciare, è per 15 persone, ma alla fine siamo in 35, una lunga tavolata allestita al piano di sopra, con vista sulla piazza e atmosfera da chalet di montagna. Durante la cena ci si mescola e ci si conosce ancora di più. Scopro che nel palazzo che chiude la rue du Mont-Cenis, gli inquilini s’invitano a cena a vicenda già da tempo, si lasciano i croissant caldi sul pianerottolo e si conoscono tutti. Alexander, d’origini libanesi, seduto di fronte a me, abita nell’appartamento più alto di tutta Parigi, con un panorama a 360 gradi su tutta la città. Oggi commerciante di pietre preziose, è stato attivista in Libano, fisioterapista e, per un indimenticabile anno italiano, membro della giuria delle selezioni regionali di Miss Italia.

Accanto a me, invece, padre Sonnier, curato della piccola chiesa di Saint-Pierre che, ignota ai più, si nasconde discreta dietro le cupole imponenti della basilica. Da cinque anni padrone di casa, il curato conosce tutti gli abitanti del quartiere, ma soprattutto tutti conoscono lui, grazie al “footing del curato”: ogni domenica, durante la bella stagione, padre Sonnier raduna un gruppo di amici e corre intorno alla Basilica e nelle strade meno trafficate del quartiere, un itinerario aperto a tutti e per tutti.

“Restiamo solo per l’aperitivo e poi andiamo via”, ci siamo detti a casa prima di partire. Siamo rimasti fino a mezzanotte inoltrata. Perché, a volte, per riappropriarsi di uno spazio collettivo basta semplicemente andare a cena.

Per iscriversi e partecipare, bisogna recarsi alla farmacia di Frédéric, all’angolo tra rue du Mont-Cenis e rue Cortot (oppure passatemi parola). La prossima cena è giovedì 14 aprile, al ristorante Chez Eugène

Soundtrack: Chilly Gonzales, Gogol

Illustration © Sergey Kravchenko

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3 pensieri su “A cena sulla Place du Tertre

  1. Annuska ha detto:

    È geniale l’idea del signor Lou; è come essere li a quella tavolata e chiacchierare,ridere,godersi la serata e sprofondare nella totale spensieratezza.È veramente bello condividere con gli altri spazi comuni ,socializzare,scambiare esperienze,”raccontarsi” ascoltare storie .Epoi,gli inquilini che lasciano croissant per il vicino del pianerottolo e’ proprio buffo.Sto pensando di ……prenotarmi per la prossima cena e contattare il signor Lou.
    Un saluto e un abbraccio .

  2. Valeria ha detto:

    È vero, potersi sedere tranquillamente e scambiare quattro chiacchiere in libertà, senza pretesa alcuna, senza restrizioni, dividere una cena, ma soprattutto sentirsi a casa in quello che è il tuo quartiere, e non solo una trappola per turisti, è un’occasione che non arriva tutti i giorni, soprattutto in una città come Parigi, dove io personalmente tendo a chiudermi un po’, quasi per difesa, per non essere fagocitata dal rumore, dalla folla.
    Se vuoi venire la prossima volta, lo dico al signor Lou e per l’alloggio provvedo io 😉
    a presto e un abbraccio!

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