Era una mattina fredda di gennaio, quando abbiamo salutato una vita e, salendo su un aereo, non ci siamo più girati indietro. Parigi, in questi anni, è tornata a farci visita tante volte, nelle coincidenze, nei sogni, nei desideri, nei ricordi. Noi, complici una pandemia e numerose rivoluzioni personali, mai.
Difficile resta sempre mettere a fuoco la mancanza, l’assenza. Solo di recente ho realizzato che quello che mi manca di più di Parigi ha a che fare con la parola grandezza e la parola infinito, con l’orizzonte, con le possibilità, con il salto nel buio, il mio sport preferito per almeno una decina di anni.
In questi tre anni ho fatto i conti con le mie scelte e con le mie direzioni. Con il cambiamento che mi ha portato dal voler possedere il mondo nel palmo di una mano a vedere la casa della mia infanzia dalla finestra. Ho chiuso i cerchi, ho unito i puntini, anche se il disegno, talvolta, è rimasto impreciso, il tratto incerto, la matita meno sicura.
Era un pomeriggio insolitamente mite di gennaio quando due anni fa è arrivato André, che nella sua piccola grande saggezza mi ha spiegato cosa vuol dire essere fratelli, cosa vuol dire essere mamma, confermando idee e ipotesi che con la prima nascita erano rimaste sulla soglia. Da allora, anche se ho fatto fatica ad affermarlo e a metterlo in pratica, con un certo tipo di esistenze non sono voluta scendere più a compromessi.
In casa, vivendo intensamente i giorni dell’isolamento e delle chiusure, siamo diventati più radicali, intolleranti alle bugie e all’inerzia di una vita che continua sull’adagio del “si è sempre fatto così”, abbiamo preso decisioni scomode, per noi stessi e per chi ci circonda, abbiamo tagliato ponti e reciso rami secchi, senza rimpianti. Abbiamo imparato a sederci a terra, a ricominciare tutto dall’inizio, come fa un bambino quando crolla una torre di costruzioni.
Ci siamo ribellati, nei limiti delle nostre possibilità e delle nostre forze, all’abitudine alla bruttezza, alla violenza dei rapporti, all’indifferenza davanti alla cattiveria. Ci siamo rifiutati di comprendere alcuni meccanismi del mondo, considerandoli inaccettabili. Abbiamo sognato talmente forte da farci sanguinare il naso, e da strapparci la pelle.
A farci da guida, se guardo indietro, due stelle fisse, una arrivata il mese di maggio a mostrarci la via, l’altra arrivata il due gennaio di due anni fa, a dirci che quella era la via buona.
Buon compleanno, piccolo grande André.

Soundtrack: Feste comandate, Dimartino
Illustrazione: Shout