“Pyongyang”: incubo coreano a fumetti

“Potrebbe essere un racconto di fantascienza, se solo la Corea del Nord non esistesse davvero”. Più un reportage che una storia a fumetti, “Pyongyang” è un perfetto esempio di graphic journalism. Meno serio della Palestina di Joe Sacco, più inquietante della Persepolis di Marjane Satrapi, “Pyongyang”, album del fumettista canadese Guy Delisle, uscito in Francia nel 2003, ripubblicato in Italia lo scorso marzo dalla Rizzoli Lizard, è un vero e proprio ritratto, dall’interno, di una nazione chiusa a doppia mandata su se stessa.

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Residente a Pyongyang per due mesi, inserito in una squadra di disegnatori a lavoro su un cartone animato francese, Delisle tocca con mano la vita quotidiana dei nordcoreani, le loro paure e ipocrisie, le abitudini e le stravaganze. E, dai suoi appunti notturni, ricostruisce per immagini cosa vuol dire vivere nella dittatura del “Presidente eterno”, nella bugia di un paese considerato, insieme all’Afghanistan, il più corrotto del mondo.

LE LACRIME PER IL PRESIDENTE. A metà tra “Fahrenheit 451” e “1984”, Delisle utilizza l’arma del grottesco per far digerire al lettore l’oppressiva realtà di un regime totalitario. Sì perché quello che più inquieta non è la presenza dei ritratti del presidente su ogni superficie della nazione, dalle bluse degli uomini alle classi nelle scuole, non è neppure la completa disinformazione su quanto succede fuori e dentro i confini nordcoreani, ma è la partecipazione attiva, e positiva, del popolo a questa grande menzogna, il coinvolgimento emotivo dei sudditi, incapaci di trattenere le lacrime al cospetto di una statua a grandezza naturale del Presidente Eterno. Il ritmo delle pagine è magistralmente dosato, ma il tempo cola lento, tra visite obbligatorie ai monumenti del regime e provvide fughe presso le comunità occidentali in Corea, oasi di “normalità” in un paese in cui tutto sembra andare al contrario, compresi i suoi abitanti, che si dilettano a camminare all’indietro. “Varie ed eventuali: Non si può far nulla da soli: la presenza della guida o dell’interprete è necessaria in ogni genere di situazione. Mance: vietate. Mai fare dello humour sul grande leader o sul corpo dirigente. Portare rispetto”.

UNA FRONTIERA ANCHE MENTALE. Lo stesso scoppiettare di gag sembra subire l’effetto plumbeo della permanenza a Pyongyang. Il grigiume della vita contamina l’autore e, pagina dopo pagina, si dirada un affresco grottesco di un paese che mantiene la maggior parte della sua popolazione in condizioni di indigenza, ignoranza e ricatto psicologico. I nordcoreani appaiono come congelati in un’epoca senza passato né futuro, in un asfittico presente anchilosato dalla vita di regime. Il cordone militare che racchiude la Corea del Nord si fa frontiera mentale, annientando la libera curiosità dei suoi cittadini.

p4Il culto di Kim Il-Sung, eletto “presidente eterno” dopo la sua morte, e del figlio Kim Jong-il, il “caro leader”, è impressionante soprattutto tra i più semplici, che hanno bisogno di un visto per poter attraversare due villaggi e ai quali si nega anche l’elemosina di un sacco di riso. E qui la stessa presenza di Delisle è una denuncia, quella contro un Occidente che critica l’abietta dittatura ma non esita a delocalizzare in Corea del Nord, ormai preferita alla Cina, pur di approfittare di una produzione a bassissimi costi.

LA PAURA DEI CAMPI. A metà del racconto, Delisle non può fare a meno di chiedersi se i nordcoreani credano davvero alle stupidaggini della propaganda di regime. Ma il dubbio si scontra con la triste realtà, quella della paura di finire in uno dei tanti campi di rieducazione sparsi per la nazione. Si preferisce, quindi, vivere in uno stato paradossale in cui la verità è cangiante, adattabile secondo le circostanze, sempre e comunque prostrata al regime. La Corea del Nord è avvolta dalla membrana fagocitante della dittatura, tanto che poco o nulla traspare del suo paesaggio, dei vasti spazi, della natura, che fa capolino brevemente, anch’essa, sembrerebbe, sottoposta a censura. Le pagine si chiudono su un aeroplano di carta lanciato dalla finestra, unica evasione concessa, unico strappo alla regola in un paese dove anche i bambini ridono previo ordine.

Qui l’articolo pubblicato su OggiViaggi.

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